domenica 29 marzo 2015

V per Violenza





Ogni anno, l'Institute for Economics and Peace (IEP) in collaborazione con un équipe internazionale di esperti di pace da istituti e da think tank su dati forniti e rielaborati dall'Economist Intelligence Unit, società di ricerca e consulenza che fornisce analisi sulla gestione di stati ed aziende, stila il Global Peace Index (GPI), ovvero la classifica delle nazioni in base a quanto sono pacifiche o, viste dalla prospettiva opposta, da quanto non sono violente. E' stato pubblicato per la prima volta nel 2007 e esamina la situazione di 162 Stati. I fattori che prende in considerazione sono: numero di conflitti esterni ed interni combattuti, decessi stimati dovuti a conflitti esteri, decessi stimati dovuti a conflitti interni, livello di conflitto interno organizzato, relazione con stati vicini, livello di criminalità percepita dalla società, numero di rifugiati e profughi in percentuale alla popolazione, instabilità politica, livello di rispetto dei diritti umani (bilancio del terrore politico), terrorismo, numero di omicidi, livello di criminalità violenta, probabilità di dimostrazioni violente, numero di carcerati,
numero di agenti di polizia e sicurezza, spesa militare in percentuale al GDP, numero di personale delle forze armate, importazioni di armi convenzionali rilevanti, esportazione di armi convenzionali rilevanti, fondi per missioni di peacekeeping dell'ONU, numero di armi pesanti e capacità nucleare, facilità di accesso ad armi leggere. Pur comparendo ben 7 nazioni dell'Europa geografica, l'Italia non è presente nei primi 10 posti. La classifica vede al primo posto l'Islanda, seguita dalla Danimarca e poi via via ci sono l'Austria, la Nuova Zelanda, la Svizzera, la Finlandia, il Canada, il Giappone, il Belgio e la Norvegia. Il costo stimato della lotta globale contro la violenza raggiunge i 9 mila 8 cento miliardi di dollari (2 mila 535 miliardi solo per le spese militari). Il Belpaese è al 34esimo posto. Tra i Paesi che, viceversa, risultano più arretrati, secondo il GPI, troviamo la Siria, il Sudan e l'Afghanistan.


mercoledì 11 marzo 2015

E. T.: l'Extra Tassazione




Una recente stima realizzata dall'Associazione Bruno Trentin, dall'Istituto Techne e dal Centro Europa Ricerche valuta che l'evasione fiscale nel nostro Paese ammonta ad una cifra compresa tra i 250 ed i 290 miliardi di Euro l'anno. Tale somma corregge al rialzo quanto calcolato dall'Istat.

I proventi del malaffare della criminalità organizzata (e non) si aggirerebbe sui 70-80 miliardi (20 per usura, 21 per droga e il rimanente per prostituzione e gioco illegale). L'economia cosiddetta informale (dal baratto alle vendite ed ai servizi scambiati ad esempio in ambito familiare) produce un sommerso (non contabilizzato) di 20-25 miliardi di Euro circa. La grossa parte rimanente rappresenta il vero ostacolo per ogni politica economica italiana ed in essa si ritrovano il lavoro nero ma anche gli evasori totali e i fondi che le aziende (anche e soprattutto quelle più grandi) nascondono al Fisco. Nel Belpaese sembra sia difficilissimo finire dietro le sbarre se si è derubato lo Stato. E' proprio curioso il fatto che in Italia, Paese strangolato dal debito pubblico e dalle scellerate politiche dell'Unione Europea, si discuta su di una Legge che prevederebbe una soglia sotto la quale il reato di sottrazione indebita all'Erario non è considerato reato e i condannati a tutt'oggi rinchiusi nelle patrie galere siano qualche centinaio contro i quasi 10 mila degli omologhi tedeschi. La proporzione si capovolge quando si analizzano gli stipendi dei top manager pubblici e privati. Gli italiani percepiscono molto più di tutti gli altri colleghi europei anche se cominciano ad essere pubblicati diversi studi che sembrerebbero affermare il contrario. La crisi qualche traccia deve pur averla lasciata. Certo è che se l'Erario vuole tornare ad avere i conti in ordine deve necessariamente prendere denaro da chi ne ha perché a Pantalone è rimasto proprio solo il paio che indossa. E in alcuni casi neppure più quello...